Mettiamola così: Andreotti è stata la colonna sonora di gran parte del nostro percorso terreno. Nel senso che c’è sempre stato e sorprende, adesso, la sua dipartita. Credevo non dovesse morire, credevo avesse fatto un patto con qualcuno e non con il Diavolo visto che tutti lo chiamavano Belzebù. Ma lui, imperterrito , continuava a giocare nell’agone politico, continuava a dire che la politica era una malattia e non aveva nessuna intenzione di curarsi. Per me, Andreotti ha rappresentato ciò che ho sempre combattuto ideologicamente in politica: era pragmatico laddove io cercavo l’approfondimento, era complesso dove io volevo semplicità, era cinico mentre io mi innamoravo di tutto. Insomma, non potevamo avere niente in comune. E non lo abbiamo mai avuto. Lui ha rappresentato il potere, quello vero, quello forte, quello nascosto. Era la maschera di Cuccia, di Sindona, di Calvi, del Vaticano, era olio denso che non si spargeva, era odore acre, forte, intenso, un misto tra incenso e ricino, era Evangelisti, Forlani, Moro. Era la democrazia cristiana. Meglio: la democrazia cristiana era, probabilmente, Giulio Andreotti. Non ho mai capito il suo atteggiamento falsamente remissivo, furbescamente adatto a tutte le occasioni. E’ stato filo americano, filo cinese, filo islamico, filo palestinese. Ha fatto, politicamente il filo a tutti. E’ stato per sette volte presidente del consiglio e ha preferito, sempre, tirare a campare piuttosto che tirare le cuoia. Fino ad oggi. Ha presieduto governi balneari, invernali, della non sfiducia. E’ stato ministro per ventidue volte. Ha conosciuto i segreti del paese, ha contribuito a costruire i segreti. Condannato e assolto ma non in maniera così definitiva e definita. Ha chiesto alla futura moglie di sposarlo in un cimitero. Per dire.
Non ho apprezzato Giulio Andreotti. Era uno che non amava i colori e quindi, non saremmo mai potuti andare d’accordo. Non mi piace chi dice che c’è del buono in ognuno di noi. Significa quindi che c’è anche del cattivo. Non mi piacciono gli addii pilotati, pieni di buone intenzioni. E’ stato un uomo che ha segnato questo paese, che ha contribuito a costruire. Non benissimo. Su una cosa però aveva ragione: il potere logora chi non ce l’ha. Ebbene, bussate alle porte di molti suoi amici democristiani ma, in tempi moderni , bussate alla porta di Occhetto, Veltroni, Bersani. Vi diranno che il divo Giulio in fondo, aveva ragione.
Non ci sono epitaffi da regalare. Ideologicamente agli antipodi. E ne sono politicamente soddisfatto. Il divo lascia le scene. Così, con un certo silenzio. Mi son piaciuti i titoli di coda: niente funerali di Stato. In fondo, lui sapeva di essere un uomo di parte, di una certa parte. E non di tutti. Che la terra, in ogni caso, gli sia lieve.
Non ci sono ricordi particolari. L’unico potrebbe essere legato alla clessidra della mia vita: altra polvere che passa e l’adolescenza che terribilmente muore. Come quella cena, promessa a Martino da quasi trent'anni. Ci troveremo a rammentare e a camminare sulle vecchie vie della memoria.
Non ho apprezzato Giulio Andreotti. Era uno che non amava i colori e quindi, non saremmo mai potuti andare d’accordo. Non mi piace chi dice che c’è del buono in ognuno di noi. Significa quindi che c’è anche del cattivo. Non mi piacciono gli addii pilotati, pieni di buone intenzioni. E’ stato un uomo che ha segnato questo paese, che ha contribuito a costruire. Non benissimo. Su una cosa però aveva ragione: il potere logora chi non ce l’ha. Ebbene, bussate alle porte di molti suoi amici democristiani ma, in tempi moderni , bussate alla porta di Occhetto, Veltroni, Bersani. Vi diranno che il divo Giulio in fondo, aveva ragione.
Non ci sono epitaffi da regalare. Ideologicamente agli antipodi. E ne sono politicamente soddisfatto. Il divo lascia le scene. Così, con un certo silenzio. Mi son piaciuti i titoli di coda: niente funerali di Stato. In fondo, lui sapeva di essere un uomo di parte, di una certa parte. E non di tutti. Che la terra, in ogni caso, gli sia lieve.
Non ci sono ricordi particolari. L’unico potrebbe essere legato alla clessidra della mia vita: altra polvere che passa e l’adolescenza che terribilmente muore. Come quella cena, promessa a Martino da quasi trent'anni. Ci troveremo a rammentare e a camminare sulle vecchie vie della memoria.