Ho visto i sorrisi tronfi di gente che ha la certezza di rimanere impunita. Ho letto quello che un consigliere regionale che chiamano tutti Batman e lui non si schernisce ma aggiunge che il suo vero soprannome è il federale. Ho guardato le fotografie di una festa con la Presidente Polverini sorridente in una scenografia pacchiana, da basso impero, ho ascoltato e sperato che qualcuno si indignasse, che dicesse che non possiamo continuare in questo modo ma non perché vogliamo essere populisti o forcaioli o perché vogliamo essere qualunquisti. No, non è questo il punto. Ho ascoltato e sperato che qualcuno della nomenclatura, qualcuno tra i giornalisti, gli scrittori, gli intellettuali, qualcuno che sapesse dare voce alle parole dicesse con chiarezza che questi signori non sanno e non vogliono capire che non è vero che la politica è un costo e che occorre riflettere sui costi della politica. La politica è un servizio e il costo è commisurato al servizio che si offre. Ho aspettato che qualcuno dicesse questa piccola cosa e ho visto solo i volti degli operari, dei minatori e qualcuno tra i giornalisti osservava, da buon intellettuale, che quei luoghi di lavoro erano un costo, un costo necessario alla politica. Che occorreva essere chiari e dire con franchezza che quei posti di lavoro erano solo un gioco tra politici. Un costo della politica. Ecco, a nome di chi non ha voce, di chi urla nell’acquario dell’indifferenza, sommessamente vorrei dire che l’analisi sociologica per quanto sottile manca di qualcosa: una spiegazione. Propongo che quella spiegazione agli operai dell’Alcoa, ai minatori del Sulcis venga data dalla Polverini, da Batman, da Bossi, da Lusi. Vengano questi signori nella nostra terra, vengano e ci spieghino questi stran costi della politica. Ci dicano, per esempio, perché l’operaio di una fabbrica sarda è in simmetria con un’aragosta e una bottiglia di champagne. Vengano e ce lo spieghino. A moderare il dibattito chiaramente il buon Porro. Tutto ad acqua minerale e sguardi veri di gente che non è più disposta a barattere la propria dignità con una corte piena zeppa di buffoni. E di ladri.