Robe da matti
C’è un piccolo avvallamento nella pianura della vita. Da quel punto si possono controllare gli umori delle persone che ti stanno accanto. Ed i sorrisi. Ci sono quelli misurati, asciutti, dispensatori di strette di mano, ma mai di abbracci. Ci sono quelli con le lacrime in tasca, pronte a dividerle con chiunque, ma sono lacrime destinate ad evaporare. Ci sono i sorrisi costruiti, ben calibrati, pronti ad abbagliare e stupire il mondo. Ci sono i sorrisi delle madri e quelli sguaiati degli adolescenti. Ci sono i sorrisi che abitano dalla parte del cuore e non si riescono ad esprimere con i rumori delle frasi.
Ci sono i sorrisi genuini, antichi e rilassanti, cristalli fragilissimi, da tenere con delicatezza nel palmo delle nostre passioni.
Ci sono, infine, i sorrisi che stupiscono: quelli che non ti aspetti, che non avevi messo nel conto. Quei sorrisi spontanei e sinceri, piccoli rumori in un silenzio pesante.
Sono i sorrisi dei matti, dei pazzi, di chi è finito dentro un labirinto complesso alla ricerca di un filo sottilissimo ormai quasi invisibile. Quei sorrisi sono come i versi di un giullare, una canzone di gioia e di liberazione, una musica fatta di molti tamburi e qualche violino lontano, distaccato, una melodia che ti accompagna aprendo squarci di solitudine.
Dalla collina della nostra vita possiamo solo decidere di guardare quei sorrisi asimmetrici e sbilenchi, provando a cercare le parole per raccontarli. Ma non si possono illustrare pienamente quegli sguardi profondi e vacui, insoliti e ilari misti ad un’infinita tristezza, non si possono comprendere quelle giornate lunghe e apparentemente senza nessun sussulto, come un lago fermo senza alcuna possibilità di un’onda risolutrice a smuovere quell’acqua stagnante. Sorrisi fermi, istantanee di vita, abissi di un’esistenza disposte, come diceva De Andrè, «a restituire la vita». Ecco, quei sorrisi devono, in qualche modo, essere riportati al colore dei giorni. La chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari è una scelta di dignità. Da fare al più presto. Ogni anno il Governo (qualsiasi Governo, a dire il vero) ne proroga la chiusura. Robe da matti.
©giampaolo cassitta 2014
C’è un piccolo avvallamento nella pianura della vita. Da quel punto si possono controllare gli umori delle persone che ti stanno accanto. Ed i sorrisi. Ci sono quelli misurati, asciutti, dispensatori di strette di mano, ma mai di abbracci. Ci sono quelli con le lacrime in tasca, pronte a dividerle con chiunque, ma sono lacrime destinate ad evaporare. Ci sono i sorrisi costruiti, ben calibrati, pronti ad abbagliare e stupire il mondo. Ci sono i sorrisi delle madri e quelli sguaiati degli adolescenti. Ci sono i sorrisi che abitano dalla parte del cuore e non si riescono ad esprimere con i rumori delle frasi.
Ci sono i sorrisi genuini, antichi e rilassanti, cristalli fragilissimi, da tenere con delicatezza nel palmo delle nostre passioni.
Ci sono, infine, i sorrisi che stupiscono: quelli che non ti aspetti, che non avevi messo nel conto. Quei sorrisi spontanei e sinceri, piccoli rumori in un silenzio pesante.
Sono i sorrisi dei matti, dei pazzi, di chi è finito dentro un labirinto complesso alla ricerca di un filo sottilissimo ormai quasi invisibile. Quei sorrisi sono come i versi di un giullare, una canzone di gioia e di liberazione, una musica fatta di molti tamburi e qualche violino lontano, distaccato, una melodia che ti accompagna aprendo squarci di solitudine.
Dalla collina della nostra vita possiamo solo decidere di guardare quei sorrisi asimmetrici e sbilenchi, provando a cercare le parole per raccontarli. Ma non si possono illustrare pienamente quegli sguardi profondi e vacui, insoliti e ilari misti ad un’infinita tristezza, non si possono comprendere quelle giornate lunghe e apparentemente senza nessun sussulto, come un lago fermo senza alcuna possibilità di un’onda risolutrice a smuovere quell’acqua stagnante. Sorrisi fermi, istantanee di vita, abissi di un’esistenza disposte, come diceva De Andrè, «a restituire la vita». Ecco, quei sorrisi devono, in qualche modo, essere riportati al colore dei giorni. La chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari è una scelta di dignità. Da fare al più presto. Ogni anno il Governo (qualsiasi Governo, a dire il vero) ne proroga la chiusura. Robe da matti.
©giampaolo cassitta 2014