Ho appena finito di rivedere il film “i cento passi” che, questo pomeriggio è passato su Rai 3. L’ho rivisto perché lo ricordavo molto bene e perché il 9 maggio 1978 tutti, me compreso, eravamo con il naso verso Roma, dove le brigate rosse avevano fatto ritrovare, in via Caetani, il corpo di Aldo Moro. L’ho rivisto perché, alla fine, ci ho scritto un libro su questi destini incrociati e su quel giorno, ricordato, da tutti e per sempre “il giorno di Moro”. Ho rivisto quel film con la rabbia addosso, ricordavo le parole di Impastato e ricordavo che sapeva leggere benissimo nel deserto che costruisce la mafia. Aveva capito prima degli altri, più degli altri che la vera forza sono le parole, la circolazione delle parole, dover scoprire cosa si nasconde dietro i conti bancari, le amicizie altolocate, su tutto quello che permette a persone pitturate di bianco di presentarsi al cospetto di altre persone che raccontano e salutano e mietono consensi politici.
Ho rivisto, dietro quel film, la nostra adolescenza, i dibattiti nelle radio libere, la lotta (nel nostro piccolo, è chiaro) per un piano regolatore decente, che non si inventasse le stesse curve di quelle raccontate da Peppino Impastato a proposito dell’autostrada. Ho appena finito di rivedere il film e ho pensato a quello che ha scritto proprio ieri Roberto Bolognesi, sul volantinaggio, sull’impegno politico dei nostri anni e su qualcuno che, invece di lottare, in quei giorni non c’era, pur essendo della nostra stessa generazione. Ho rivisto il film “i cento passi” e ho pensato che anche da noi, dalle nostre parti o meglio, in tutti i nostri paesi, in qualsiasi nostro paese c’era e c’è del marcio a cento passi da noi. Non troppo lontano, dunque. Ho lavorato in radio e ho parlato, ho detto, ho scritto e continuo a farlo. Ho rivisto il film su Peppino Impastato perché rappresentava la forza di volontà, la ricerca di un riscatto, la voglia di essere protagonista di una rinascita che non c’è stata. La mafia, qualsiasi mafia non vuole simboli. Non vuole che i ragazzi parlino “di politica” si informino sulle esercitazioni militari, sui giochetti di guerra, sulla divisione e sulla vendita della propria terra da parte di altri. Tutte cose molto vicino a noi. Intorno a cento passi. Cominciate a contarli. Che non è tardi.
Ho rivisto, dietro quel film, la nostra adolescenza, i dibattiti nelle radio libere, la lotta (nel nostro piccolo, è chiaro) per un piano regolatore decente, che non si inventasse le stesse curve di quelle raccontate da Peppino Impastato a proposito dell’autostrada. Ho appena finito di rivedere il film e ho pensato a quello che ha scritto proprio ieri Roberto Bolognesi, sul volantinaggio, sull’impegno politico dei nostri anni e su qualcuno che, invece di lottare, in quei giorni non c’era, pur essendo della nostra stessa generazione. Ho rivisto il film “i cento passi” e ho pensato che anche da noi, dalle nostre parti o meglio, in tutti i nostri paesi, in qualsiasi nostro paese c’era e c’è del marcio a cento passi da noi. Non troppo lontano, dunque. Ho lavorato in radio e ho parlato, ho detto, ho scritto e continuo a farlo. Ho rivisto il film su Peppino Impastato perché rappresentava la forza di volontà, la ricerca di un riscatto, la voglia di essere protagonista di una rinascita che non c’è stata. La mafia, qualsiasi mafia non vuole simboli. Non vuole che i ragazzi parlino “di politica” si informino sulle esercitazioni militari, sui giochetti di guerra, sulla divisione e sulla vendita della propria terra da parte di altri. Tutte cose molto vicino a noi. Intorno a cento passi. Cominciate a contarli. Che non è tardi.