Il rispetto, secondo una delle definizione del vocabolario italiano, è il riconoscimento di una superiorità morale manifestato attraverso il proprio atteggiamento o comportamento. Il rispetto è dunque una parola “alta” perché è anche un apprezzamento di stima e di buona considerazione. La parola in questi giorni è stata utilizzata molte volte da Silvio Berlusconi nei confronti dei giudici che devono decidere la sua richiesta di affidamento in prova al servizio sociale. Ha chiesto rispetto per la sua figura, per la sua storia, per ciò che è stato ed è ancora in questo paese. Il rispetto non si acquista ed è un po’ come la pace: cresce se trova il terreno adatto. E’ bello esigere rispetto. Lo si fa anche nei grandi gesti sportivi e bellici: si ha sempre rispetto dell’avversario. Silvio Berlusconi non è però un avversario cui si deve l’onore delle armi. E’ stato condannato in maniera definitiva e merita il rispetto dovuto a chi non si sottrae alla giustizia e aspetta, serenamente, il responso del collegio giudicante, in questo caso il Tribunale di Sorveglianza di Milano che deve analizzare in base ad un preciso articolo di legge se il condannato è meritevole del beneficio richiesto. Il Pubblico Ministero, anche lui, ha chiesto rispetto per la Magistratura che non opera in termini vendicativi nei confronti di nessun condannato, ma analizza con pacatezza la sua richiesta e prova ad applicare giustizia. Ci vuole rispetto per le cose. In tutte le cose. Ce ne vorrebbe per chi ha perso il posto di lavoro e chiede, alla politica, una risposta che da anni, ormai non arriva. Ce ne vorrebbe, per esempio, nei confronti degli operai dell’Alcoa, di Portovesme, che attendono ancora una risposta a seguito di una telefonata promessa da un presidente del Consiglio Italiano a quello russo. Il rispetto si acquista nei gesti, nei modi, negli aspetti. Nella serietà dei momenti. Ci vorrebbe il giusto rispetto nei confronti di chi ancora all’Aquila non ha una casa degna di questo nome e vive in appartamenti costruiti troppo velocemente dove qualcuno, con poco rispetto, ha pensato di far trovare, nel frigo, una bottiglia di spumante, in un luogo dove non c’era molto da festeggiare. E quanto rispetto meritano i parenti delle vittime del Moby Prince, quelle della strage di Piazza Fontana, di piazza della Loggia, della stazione di Bologna, dell’Italicus, di Ustica? Quanto rispetto vi era nelle risposte dei generali, dei politici, dei vari esperti nei confronti di chi ancora attende da anni una risposta chiara e risolutiva?. Certo, ci vuole rispetto. Quello che non hanno avuto i terroristi che vigliaccamente si sono nascosti in Francia e Brasile e ancora oggi insultano le vittime. Certo, ci vuole rispetto e serietà: parole che non si trovano nella vacanza a Beirut di un ex politico fuggito senza attendere la sentenza e trovato in un grande albergo con un rotolo di trentamila euro, roba che fa ricordare più alla banda bassotti che alla dignità delle persone.
Ci vuole rispetto nei confronti dei bambini, delle donne, degli anziani, ma ci vuole un enorme rispetto per chi, per esempio, in questo momento è in carcere e sconta in silenzio la sua pena. Quel detenuto attende anche lui una risposta dai giudici di sorveglianza. Anche lui ha chiesto l’affidamento in prova al servizio sociale oppure non riesce a presentarlo per il semplice motivo che non ha un lavoro e nessuno gli offre soluzioni alternative come, per esempio, occuparsi dei disabili. Il rispetto si costruisce, non lo si esige. Il rispetto è saper gettare lo sguardo verso gli ultimi, saper vedere oltre il proprio orticello. Chi chiede rispetto ha il diritto di ottenerlo ma anche il grande dovere morale di rispettare gli altri. Se cominciassimo a rispettare le leggi e le storie di tutti sarebbe davvero un bell’inizio. Con tutto rispetto.
articolo apparso sul quotidiano “la Nuova Sardegna” del 15 aprile 2014.
Ci vuole rispetto nei confronti dei bambini, delle donne, degli anziani, ma ci vuole un enorme rispetto per chi, per esempio, in questo momento è in carcere e sconta in silenzio la sua pena. Quel detenuto attende anche lui una risposta dai giudici di sorveglianza. Anche lui ha chiesto l’affidamento in prova al servizio sociale oppure non riesce a presentarlo per il semplice motivo che non ha un lavoro e nessuno gli offre soluzioni alternative come, per esempio, occuparsi dei disabili. Il rispetto si costruisce, non lo si esige. Il rispetto è saper gettare lo sguardo verso gli ultimi, saper vedere oltre il proprio orticello. Chi chiede rispetto ha il diritto di ottenerlo ma anche il grande dovere morale di rispettare gli altri. Se cominciassimo a rispettare le leggi e le storie di tutti sarebbe davvero un bell’inizio. Con tutto rispetto.
articolo apparso sul quotidiano “la Nuova Sardegna” del 15 aprile 2014.