La butto sul conosciuto. Con qualche “distinguo”. Ho letto molto attentamente il messaggio del presidente della Repubblica inviato alle Camere e, almeno per me, vi sono all’interno di esso, sonore verità. Che possono non far piacere, certo. Ma ci sono. E come tali andrebbero discusse, analizzate. Provo, nel mio piccolo, a dire piccole cose che possono, in qualche modo favorire il dibattito su un terreno terribilmente scivoloso: l’amnistia e l’indulto. Lavoro da trent’anni nel pianeta carcere. Sono arrivato molto giovane e con una dose di curiosità esagerata. Avevo la voglia, la pazzia, la presunzione di riuscire a modificare quel mondo, attraverso l’articolo 27 della costituzione (una fissazione, quella della costituzione, che mi accompagnerà negli anni e ancora mi assale) Pensavo si potesse “rieducare”, attraverso una serie di passaggi chi in carcere ci finiva. Non ho cambiato, dopo trent’anni idea. Ma ho modificato – ed era naturale – le mie strategie. Ritengo che questo sia – e lo deve essere per forza – un paese laico e forme di clemenza come l’amnistia e l’indulto debbano essere ben bilanciate. Però – perché c’è un però – noi dobbiamo confrontarci con chi finisce dentro i meandri della giustizia e non riesce a comprendere i meccanismi fondamentali. Difficili, davvero difficili per chi ci lavora. Insomma, io credo che, in questo momento storico, si debba discutere di quelle che il carcere produca: io so – e lo so per esperienza – cosa c’è dentro. E credo che si debba enfatizzare un dato, importante, basilare, chiaro e incontrovertibile: in carcere, in fondo ci finiscono gli ultimi. Almeno nel 60% dei casi. E’ un discorso peloso, certo, ma sono loro ad essere buttati in una cella perché non hanno un buon avvocato, una buona famiglia, un datore di lavoro. Capisco l’obiezione: “Ma allora anche tu vuoi salvare Berlusconi”. Per una volta, almeno per questa volta vorrei invitarvi a guardare il mondo dalla parte delle radici. Dalla parte degli ultimi, dei dimenticati, dei senza nome, dei senza patria e vi chiedo (e mi chiedo): “davvero vale la pena lasciare in una cella tre metri per tre un uomo senza speranze perché vogliamo Berlusconi in carcere?”. Lo chiedo con una certezza giuridica: L’Onorevole Berlusconi in carcere non ci finirà al di la del condono o dell’amnistia. Non discutere, seriamente, di questo problema grave, significa condannare all’oblio migliaia di persone che nella maggior parte dei casi hanno commesso reati minimi e completamente inutili. Per loro dobbiamo riflettere. I mafiosi, gli evasori, i violentatori, i rapinatori seriali non saranno coinvolti in questo discorso. Astenersi populisti e perditempo.